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DONNE E MOLESTIE SESSUALI - COME DIFENDERSI

A cura di Adele Grisendi (da Guida Cgil/1999 - testo più esteso)

Molestie Sessuali...come difendersiIl gioco del corteggiamento è allegro e divertente. Assume le forme più diverse a seconda della sensibilità, della cultura e dell’ambiente nel quale si trovano la persona che corteggia e quella corteggiata. E’ sempre un comportamento esplicito: il corteggiamento discende da una dichiarazione di interesse. Senza l’accettazione di questo interesse da parte della persona destinataria, il corteggiamento non ha più ragione di essere. L’attrazione per qualcuno può scattare, come ovvio, anche nei luoghi di lavoro. Tra due colleghi, tra una o un dipendente e il suo capo, uomo o donna che sia. Pure essendo evidente che si frequenta quel luogo per lavorare, il corteggiamento, anche in tutti i suoi aspetti di provocazione sessuale, può avvenire pure in un ufficio, in un supermercato o in una fabbrica.
Chi sottovaluta o contesta all’esistenza del problema, di solito, invoca la difficoltà di stabilire il confine tra corteggiamento e molestia sessuale. E rivendica la necessità di definire il limite invalicabile per non correre rischi, adducendo l’ambigua pericolosità della valutazione individuale. Valga per tutti la risposta della psicanalista Gianna Schelotto a una domanda sulla forma più controversa di molestia sessuale, quella verbale, sempre in bilico tra corteggiamento e offesa: "Gli uomini sanno benissimo quale sia la differenza fra complimenti e molestie. Nel dubbio, suggerisco ai maschi un test rapidissimo quanto infallibile. Prima di rivolgere le loro attenzioni a una collega o a una segretaria, si chiedano se lo farebbero anche in presenza della moglie. Se la risposta è no, meglio che rinuncino".

Come riconoscere il Molestatore

Come riconoscere il MolestatoreE’ la sensibilità della persona oggetto di molestia sessuale ad accendere la "spia del pericolo" che, come dice la Raccomandazione della Comunità europea, si illumina secondo "limiti di tolleranza" diversi da soggetto a soggetto.
In generale, chi molesta adotta comportamenti abbastanza riconoscibili: apprezzamenti verbali, sguardi insistiti, battute pesanti e allusive, linguaggio volgare o scurrile, ammiccamenti, inviti pressanti a uscire insieme, richieste implicite o esplicite di rapporti sessuali, magari, con la promessa di effetti positivi sulla carriera. Ed ancora: strusciate o toccamenti apparentemente casuali o amichevoli, come prendere a braccetto una collega o cingerle le spalle con un braccio. Meno abituali sono i messaggi scritti o gli oggetti allusivi, magari, appoggiati su una scrivania, oppure forme più o meno accentuate di esibizionismo, di solito lontano da occhi indiscreti, come nell’ascensore o nel chiuso di un ufficio. Non favoriscono certo un ambiente bonificato le foto pornografiche, i manifesti con donne nude o altro materiale analogo esposto a volte nei luoghi di lavoro.
C’è anche chi si sente gratificato da questi atti o situazioni. Li considera apprezzamenti o forme di corteggiamento. Un po’ spinte, alquanto grevi e ruspanti, ma, tutto sommato, le gradisce. La valutazione soggettiva della molestia sessuale è giustificata proprio dalla volontà di non introdurre forme di repressione nel libero gioco dei rapporti tra i sessi.

Alla radice delle discriminazioni delle donne nel lavoro

Alla radice delle discriminazioni delle donne nel lavoroLa molestia sessuale, la cui gravità e diffusione è troppo spesso sottovalutata, è considerata alla stregua di un’offesa alla persona che la subisce, come riguardasse soltanto lei. In realtà, si tratta di ben altro che un semplice fatto individuale o un malinteso distorto costume: è la negazione della dignità della persona molestata, è la fonte della discriminazione che essa subisce sul lavoro.
Essendo quasi sempre le donne a essere molestate, ne deriva che, per arrivare al cuore della discriminazione che generalmente colpisce le lavoratrici, il punto chiave è proprio eliminare la molestia sessuale e la sua variante peggiore: il ricatto a sfondo sessuale.
Anche se colpisce soltanto una parte delle donne che lavorano, la molestia di un capo, di un collega o del proprietario dell’impresa interpreta nelle sue conseguenze estreme ciò che la donna rappresenta nella cultura diffusa e nell’immaginario maschile: un corpo da conquistare. Di conseguenza, colei che si rifiuta alle avances è una donna che “merita una lezione”. Cioè, ricatti, ritorsioni e anche persecuzione.

Dove si incontra il Molestatore

Dove si incontra il MolestatoreCome dimostrano il Rapporto Rubenstein del 1987 e le ricerche realizzate in molti paesi europei, comprese quelle effettuate in alcune città italiane per iniziativa soprattutto delle donne della Cgil, il molestatore lo si incontra in tutti i luoghi di lavoro pubblici e privati e colpisce le donne di tutte le categorie professionali e di tutte le mansioni, sia quelle esecutive che quelle di grado direttivo.
Colpisce nelle fabbriche, negli ospedali, nei centri commerciali e nei piccoli negozi, negli studi professionali, nelle pubbliche amministrazioni e nelle cooperative di servizi o di produzione. Nelle redazioni dei giornali e delle televisioni, nel mondo dello spettacolo, negli uffici giudiziari e negli studi legali, tra i dipendenti delle poste e dei Telefoni. Insomma, ovunque ci siano donne e uomini che lavorano insieme. E colpisce operaie e impiegate, maestre e postine, infermiere e dottoresse, giornaliste e avvocate, magistrate e indossatrici, attrici e donne delle pulizie, cantanti e commesse….
Il molestatore appartiene a tutte le categorie sociali, ai livelli culturali bassi come ai più elevati e non fa differenza se è scapolo o coniugato.

Ammalarsi per molestie

Ammalarsi per molestieGli effetti negativi della molestia sessuale sono di due tipi: personale e aziendale.
La persona molestata perde la tranquillità e vive le sue ore di lavoro in permanente stato di ansietà e di insicurezza. Quasi sempre non sa con chi confidarsi. Di conseguenza, a lungo andare, insorgono forme di disagio psicologico, fino a presentare i sintomi delle patologie ansiogene, quali: insonnia, nervosismo, inappetenza, svogliatezza, disattenzione e inconcludenza sul lavoro. Nei casi più gravi, si verifica rifiuto del lavoro e depressione, con il risultato di rifugiarsi in assenze ricorrenti per malattia.
Nella persona braccata e che non trova vie d’uscita, come nei casi di ricatto vero e proprio, possono emergere disturbi molto più gravi, sia di tipo psichiatrico che organico. Ad esempio: mania di persecuzione o disturbi psicotici veri e propri, oppure dimagrimento o malattie dell’apparato digerente.

 

 

La produttività aziendale ne risente

La produttività aziendale ne risenteGli effetti negativi di tutto ciò sulla produttività aziendale sono facilmente immaginabili. Il datore di lavoro, che è tenuto per legge a garantire la tranquillità dei suoi dipendenti, deve fare molta attenzione a che non si verifichino casi di molestia sessuale. Ha tutto l’interesse a mantenere bonificato il suo ambiente.
I governi e i parlamenti che hanno adottato norme di tutela contro la molestia sessuale sono stati spinti a farlo per garantire il diritto alla dignità e al rispetto di chi lavora, ma, indirettamente, anche l’interesse dell’impresa. Le sanzioni molto pesanti nei confronti del molestatore, ma anche dell’impresa che lo tollera, hanno spinto molte direzioni aziendali ad adottare programmi di formazione specifica per i manager e per i responsabili della gestione del personale. Negli Usa, in Canada, in Inghilterra e nei paesi nord europei, le imprese e le loro associazioni sono molto attive nella prevenzione e nella sanzione della molestia e del ricatto a sfondo sessuale. Qualcosa comincia a intravedersi anche in Italia, ma siamo ancora molto al di sotto delle esigenze. E i continui rinvii parlamentari per l’adozione di una legge specifica non giova di certo!

Solitudine e isolamento

Solitudine e isolamentoLa persona oggetto di molestia sessuale spesso è costretta a vivere la sua "disgrazia" con vergogna e in solitudine. Difficilmente informa i familiari per timore di reazioni inconsulte verso il molestatore, ma soprattutto per la quasi certezza di sentirsi attribuire la responsabilità delle attenzioni ricevute. Cioè di avere provocato. Ugualmente raro è che chieda la solidarietà delle compagne e dei compagni di lavoro. Anche perché, di solito, essi fingono di non vedere e non sentire. Oppure la pensano come quelle lavoratrici di un’azienda del modenese che contestavano la difesa del sindacato nei confronti di una collega impiegata affermando: "Se il padrone le ha dato quel lavoro, significa che lei se l’è tenuto buono. Altro che molestie! Se una donna è seria, sa difendersi e non le capita niente. Quindi, è stata lei a a provocarlo".
Fa male, ma è doveroso ammetterlo: è difficile trovare una collega o un collega disponibili a fare da testimone di fronte a una direzione e, ancora meno, in un’aula di tribunale. Quasi sempre nessuna/o vede e nessuna/o sente. Principalmente per evitare guai. Con il risultato che la solitudine e l’isolamento della persona oggetto di molestia aumentano. Eppure, quasi sempre, una o un testimone basterebbe a chiarire da che parte sta il torto. E garantirebbe una difesa molto più efficace quando i molestatori le trascinano in tribunale. Tutti, infatti, hanno l’abitudine di denunciare per calunnia le loro vittime, aggiungendo violenza a violenza.


Rubenstein lo dice chiaro: la molestia colpisce le donne

Rubenstein lo dice chiaro: la molestia colpisce le donneNel suo Rapporto al Parlamento Europeo, "The dignity of Women at Work: the Problem of sexual harassement in the Member States of the European Communities", nell’ottobre 1987, Michael Rubenstein afferma esplicitamente: "Le molestie sessuali guastano l’ambiente di lavoro e possono compromettere, con effetti devastanti, la salute, la fiducia, il morale e le prestazioni di coloro che le subiscono. L’ansia e lo stress provocati da abusi di questo genere causano assenze per malattia, una minore efficienza o l’allontanamento dal posto di lavoro e la ricerca di un nuovo impiego. I lavoratori subiscono spesso le conseguenze negative di una siffatta situazione e danni a breve e lungo termine per quanto concerne le prospettive professionali quando si trovano costretti a cambiare lavoro. Le molestie sessuali possono, inoltre, coinvolgere negativamente anche quei lavoratori che non sono fatti segno a comportamenti indesiderati, ma che si trovano ad essere testimoni o che vengono a conoscenza del verificarsi di un comportamento di questo tipo.
“Anche i datori di lavoro si trovano a subire le conseguenze avverse di abusi a sfondo sessuale. Vi è, infatti, un impatto diretto sulla redditività d’impresa nel caso in cui il personale si assenti per malattia o si licenzi perché esposto a molestie sessuali. Ne risente, inoltre, pure l’efficienza economica dell’impresa in cui si registra un calo di produttività dei lavoratori costretti a operare in un clima in cui non è rispettata la dignità personale.
In generale, la molestia a sfondo sessuale rappresenta un ostacolo alla legittima integrazione delle donne nel mercato del lavoro…".
Michael Rubenstein, inglese, consulente di impresa, parla sempre di molestatori al maschile e di molestate al femminile. A riprova che la molestia sessuale è un fenomeno che colpisce di preferenza le donne e specialmente donne considerate deboli. Pertanto: donne sole, divorziate, separate, vedove o comunque senza un compagno; donne che arrivano al lavoro in ritardo o fanno il turno di notte; donne che si drogano o hanno un handicap fisico; donne in periodo di prova o al primo impiego. E ancora donne in cerca di lavoro o soltanto timide, timorose dei richiami del superiore. Rubenstein nega, infine, che il molestatore sia un uomo socialmente deviato. Al contrario: le richieste di favori sessuali appartengono al regno della normalità.

Peggio di tutto sono i ricatti a sfondo sessuale

Peggio di tutto sono i ricatti a sfondo sessualeL’aspetto più insopportabile della molestia sessuale è il ricatto che può derivare da un rifiuto: di fronte al ricatto la persona molestata è spesso impotente a difendersi.
Quando il molestatore ricattatore è un collega, ci si difende senza problemi o, comunque, con più facilità perché egli non può ricorrere a strumenti di potere coercitivi. A volte è sufficiente una battutaccia di rimando, la ridicolizzazione del suo comportamento o una "lezione" data in pubblico. Spesso servono interventi a livello personale ben più decisi. Quando è possibile, è consigliabile risolvere la questione in un rapporto diretto, per evitare le complicazioni che sempre intervengono quando si rende necessario segnalare il comportamento scorretto e, eventualmente, a richiedere il trasferimento alla direzione. In questi casi, non di rado, se il superiore diretto o il titolare dell’azienda sono uomini, si corre il rischio della sottovalutazione e, molto spesso, la solidarietà che scatta è nei confronti del molestatore. A quel punto, non soltanto la vita sul lavoro può diventare ancora più difficile, ma quasi sempre accade che ad essere penalizzata sia proprio la donna che si è ribellata denunciando il ricatto e chiedendo che cessi.
In generale, la situazione è molto pericolosa quando il molestatore ricattatore è un superiore gerarchico o il titolare dell’azienda o il primo dirigente di un ente pubblico o anche soltanto un capo reparto o un modesto capo ufficio. Costoro, infatti, utilizzano il potere di comando e di ritorsione sulla persona che non ci sta ricattandola e rendendole la vita impossibile, fino alla persecuzione vera e propria.
Senza testimoni e senza la difesa del consigliere di fiducia, di un sindacato, di un comitato per le pari opportunità o di un avvocato, è quasi certo che, prima o poi, al ricatto di un capo o del padrone si soccombe. Oltre agli effetti negativi sulla salute, si viene emarginate professionalmente e diminuiscono drasticamente le prospettive di carriera. I rapporti di potere sono troppo sbilanciati e offre poche alternative: accettare le molestie, subirle in silenzio, denunciare o andarsene. Sono molte le donne che, non potendone più di ricatti e minacce o ritorsioni, piuttosto che denunciare decidono di abbandonare il posto di lavoro senza averne un altro pronto. Infine, ci sono le tante che vengono licenziate senza troppi complimenti e con i pretesti più fantasiosi.

La difesa della persona molestata

La difesa della persona molestataAnna Maria Seganti, avvocata di Roma con un’esperienza di quasi quarant’anni passati a difendere lavoratrici, da me intervistata nel 1993 e nel 1995, ha ripetuto spesso: "Prova a immaginare quante donne ho visto passare dal mio studio. Venivano da me e mi parlavano della qualifica che non andava bene, degli straordinari che non venivano pagati oppure dell’esclusione dagli straordinari, di un provvedimento disciplinare ingiusto, di un trasferimento…. Poi, quando eravamo entrate in confidenza, qualcuna meno reticente di altre mi diceva : ‘E poi c’è il padrone che mi dà fastidio, mi invita a cena, allunga le mani…’.
“Avevano tutte l’aria rassegnata di chi non può farci nulla. Io, invece, rimanevo sorpresa perché sembravano non rendersi conto che molti dei loro problemi di inquadramento professionale o di stipendio nascevano proprio dal fatto che non accettavano le proposte dei padroni o dei capi. Ne parlavo con i sindacalisti e il più delle volte mi sentivo rispondere che i problemi da risolvere erano già talmente tanti! Io rimanevo lì come un pesce lesso e senza riuscire a mettere una pezza a situazioni spesso gravi. E così, quando le donne della Cgil hanno iniziato ad affrontare questo problema, per me è stata una liberazione!".
Le parole di Anna Maria testimoniano la sottovalutazione del problema da parte dei sindacalisti ( e non solo maschi), ma subito dopo lei stessa ha sempre precisato che lo stesso vale per i suoi colleghi avvocati. Troppo pochi sono quelli che sanno intuire le situazioni con il doppio fondo e affrontare la complessità di un caso di molestia o ricatto sessuale.

Promemoria

Promemoria - La soglia di tolleranza della molestia sessuale, come dice la Raccomandazione C.E.E., è lasciata alla sensibilità individuale. Il ricatto determinato dal rifiuto della molestia, invece, è un insieme di azioni che lo rendono un fatto oggettivo, incontestabile e indipendente dal limite di tolleranza individuale della persona che ne è fatta oggetto.
- Oggi si parla molto di mobbing. Si usa una parola inglese, ma sarebbe meglio usare quella italiana: persecuzione. Se ne parla come di un fenomeno neutro, riferito indifferentemente ai lavoratori e alle lavoratrici e viene presentato come una scoperta recente. In realtà, le donne ne parlano da tanto tempo; infatti, il rifiuto della molestia sessuale espone proprio al mobbing. E’ bene non dimenticare che questa è una causa diffusa di persecuzione e non annegarla nel mare indistinti del tutto uguale.
- In queste pagine ho usato alternativamente la dicitura "persona molestata" e donna o soltanto molestata: sempre ho inteso riferirmi a un soggetto femminile. Il molestatore o il molestatore ricattatore è, al contrario, esplicitamente maschio. Non ho fatto altro che applicare nel linguaggio i risultati del Rapporto Rubenstein. Le storie finora conosciute, cioè quelle raccontate dai media, così come le moltissime che rimangono consegnate al silenzio individuale o alla confidenza riservata, indicano sempre che la molestata è donna e il molestatore è uomo.
Qualcuno ci ha provato e ci prova a raccontare l’opposto, cioè della la donna che molesta l’uomo, ma ha finto di non vedere un particolare che fa la differenza: la donna che insegue un uomo si dichiara, rende esplicito il suo interesse e le sue brame. Nel caso l’uomo la rifiuti, ci sono casi di donne che assumono atteggiamenti fastidiosi e persino patologici. A volte c’è chi diventa aggressiva, una vera e propria ossessione che insegue ovunque. Tutto, però, avviene alla luce del sole. Per difendersi da questi inseguimenti è sufficiente ricorrere al codice civile o al codice penale. Non derivano, infatti, né ricatti né ritorsioni sul lavoro.
Questa, almeno, è la situazione ad oggi. Complice il fatto che il capo, il padrone, il dirigente, il titolare di una qualsiasi responsabilità di comando sul lavoro di altre persone è ancora quasi sempre di sesso maschile. Le donne che comandano sono troppo poche perché si possa parlare di molestatrici e, ancora di più, di ricattatrici.

SEDE CORSI: IN ALLESTIMENTO

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